We are apologize for the inconvenience but you need to download
more modern browser in order to be able to browse our page

Download Safari
Download Safari
Download Chrome
Download Chrome
Download Firefox
Download Firefox
Download IE 10+
Download IE 10+

Consapevolezza, empatia, capacità di ascolto: fanno parte solo del mondo femminile?

È chiaro che in questo momento sia impensabile parlare ancora per stereotipi e generalizzazioni, eppure è difficile cancellare dalle nostre menti un concetto che ci è stato impresso fin da bambini.
Maschio e femmina, due ruoli che ci insegnano a concepire la vita e a vivere in modo diverso. Non vuole essere una generalizzazione quella di Silvia Zanella nel suo libro “Il futuro del lavoro è femmina” (attenzione, femmina e non donna), dove spiega come in futuro ci sarà la necessità per ognuno di noi di approcciarsi al lavoro in modo, appunto, più femminile. Le soft skills che sono comunemente riconosciute ai ruoli femminili saranno le vere protagoniste dei nostri curriculum, verranno valutate l’empatia, la sensibilità e la capacità di ascolto ancora più che le esperienze passate.

Secondo il World Economic Forum le principali competenze che ci verranno richieste nei prossimi anni riguardano la collaborazione, il problem solving, flessibilità e apprendimento attivo e continuo (lifelong learning).

Il concetto di femmina, non è visto come un tratto proprio dell’identità, bensì una capacità acquisita e legata al modo in cui alle donne è chiesto di crescere.
Se sei nata donna ci si aspetta che ti comporti in modo femminile.

Sorge quindi una domanda: si può davvero dire che l’empatia sia parte solo del mondo femminile?
Se il concetto di donna femminile ci viene imposto involontariamente, viene spontaneo pensare che dall’altro lato ci sia un’imposizione altrettanto involontaria dell’uomo virile. Ma nell’ipotesi in cui un individuo venga cresciuto nell’assenza di influenze esterne, la sua sensibilità sarebbe dovuta al genere (e quindi innata) o alle esperienze di vita trascorse?

Nell’attuale società è una domanda a cui non si può rispondere, visto che non sarebbe possibile ricreare un ambiente alternativo privo di influenze che non limiti del tutto la sfera sociale. Si può però notare un aumento sempre più evidente di uomini e donne, soprattutto in giovane età, che rivendicano il proprio diritto di uscire da questo schema.

Il modo di lavorare accentratore, silenzioso, egoriferito (con interventi che non creano sistemicità ma conflitti) .. semplicemente rinchiuso in se stesso non ha più senso semplicemente perché non è efficace.

Uno studio condotto negli Stati Uniti sulle abitudini degli uomini, ha mostrato come quasi l’80% dei casi riconoscesse che parlare dei propri problemi e sentimenti aiutasse ad affrontarli. La metà di questi ha anche affermato che non lo farebbe comunque per paura di non sembrare abbastanza uomo. Inoltre, più del 50% dei casi compresi tra i 18 e i 34 anni, hanno risposto di sentirsi in dovere di comportarsi da uomini.

Nasce così la cosiddetta lotta alla toxic masculinity, questo tentativo da parte delle nuove generazioni di normalizzare, tra le tante cose, anche il lato sensibile ed empatico degli uomini. Forse come dice Silvia Zanella proprio per una necessità a cui stiamo andando incontro, perché mai come in questo periodo c’è il bisogno di adattarsi ad una più moderna mentalità per rimanere al passo con una tecnologia che avanza più velocemente di noi. Un po’ anche perché si è capito che il “si è sempre fatto così” non è più efficace in questa società tempestata da continui imprevisti.

È anche vero che l’avvento dei social network ha già dato il via a questo cambiamento. Poter esprimere i propri sentimenti o mostrare il proprio lato sensibile, per un uomo, risulta molto più facile quando si è protetti da uno schermo e quando ad ascoltare è il mondo intero e non solo quel gruppo di amici di cui temi il giudizio. Questo perché è più facile che in un’ampia platea si trovi il consenso e il supporto per continuare sulla strada scelta.

Vuol dire quindi che donne e uomini sono paragonabili a livello empatico? Ora come ora, sicuramente no, ma si lascia spazio ad un cambiamento sociale dove le nuove generazioni potrebbero crescere con un concetto di maschio e femmina diverso da quello a cui siamo abituati noi. Ciò porterebbe gli uomini a non avere nulla da invidiare in fatto di soft skills alle donne.

Insomma, il futuro del lavoro è femmina, ma ci auguriamo un futuro a breve in cui l’uso di questo termine possa diventare superfluo.

Se vuoi commenta l'articolo

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.
*